Capita spesso che, al di là del dichiarato intento di salvare il rapporto di coppia, la persona che si rivolge ad uno psicologo-psicoterapeuta vuole avere conferma di quello che pensa: è colpa dell"altro se litighiamo, è colpa sua se sono costretto a subire, è lui o lei che mi tratta male e così via.
Se il rapporto terapeutico inizia con uno solo dei due, perché è lui o lei che si è attivato per trovare uno specialista, lo psicologo non può che attenersi alla descrizione dei fatti e delle circostanze di quella persona, sentire - come si suol dire - una sola campana.
Ma anche nei casi in cui sono entrambi a volere un colloquio con lo psicoterapeuta, più spesso il confronto con lo specialista inizia con uno dei due che racconta quello che non va nel comportamento dell"altro, e l"altro che controbatte : "Sì", però tu "oppure "E cosa dovrei dire io allora", "Hai cominciato prima tu "rivelando allo psicoterapeuta gli aspetti più infantili della loro personalità.
Vogliono veramente crescere insieme per migliorare se stessi e con questo il rapporto di coppia, o si rivolgono allo psicologo come fosse un giudice per stabilire chi dei due ha ragione?
Ma al di là della saggezza popolare che suggerisce che il torto o la ragione non stanno mai da una parte sola, crediamo veramente che il miglior servizio che uno psicologo può offrire è quello di fare da giudice?
Nel rapporto di coppia, come in qualsiasi rapporto, siamo sempre pronti a puntare il dito verso l"altro mentre sarebbe opportuno lavorare su se stessi al fine di avere maggiore consapevolezza di sé e se questo viene fatto da entrambe le parti si spezza il circolo vizioso che porta a colpevolizzazioni e accuse.
La maturità emotiva mette in atto invece il circolo virtuoso che porta alla smussatura dei limiti dell"altro e alla valorizzazione delle sue qualità dando luogo ad un rapporto di coppia basato non sulle pretese ma sul donare.
D.ssa Maria Ricciardi